Angelino Unali, patriota brigadiere della Guardia di Finanza, superstite alla strage dei 97 finanzieri prelevati dalla Caserma di Campo Marzio.
Un fatto che accadde a guerra finita. Era il mese di maggio 1945.
L’Europa festeggiava una calma apparente, dopo una tempesta di sangue ed enormi sacrifici guardando, con ritrovate speranze, a una nuova stagione di progresso civile e morale.
Non accadeva altrettanto nella Venezia Giulia e a Trieste che subirono l’ennesima ondata di violenza.
Nella città di San Giusto, l’arrivo delle bande di Tito ebbe effetti simili a quanto era accaduto in Dalmazia, ripetendosi nell’Istria e a Fiume.
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La Guardia di Finanza, che aveva scritto una pagina importante nella lotta di liberazione, avrebbe avuto diritto a un trattamento onorevole anche da parte dei nuovi occupatori.
Però, non fu così.
Molti finanzieri, per la maggior parte della Caserma di Campo Marzio, pagarono la grave colpa di essere italiani andando incontro a un destino atroce: finirono nelle foibe o nei campi di sterminio della Jugoslavia.Tra essi c’era un sardo: Angelino Unali.
Ha felicemente raggiunto i 93 anni e fu testimone diretto di quei fatti terribili.
Angelino vide la colonna dei suoi commilitoni ormai prigionieri per poter essere infoibati a Basovizza, sul Carso triestino, costellato di migliaia di cavità carsiche, perlopiù inghiottitoi.
Accanto alla loro imboccatura, la “pietas” dell’Arma e la volontà dell’Associazione Nazionale Finanzieri Italiani hanno eretto, a perenne memoria, un cippo e una lapide con i nomi dei 97 caduti.
Il bravo finanziere di origini cagliaritane, riuscì a salvarsi dall’eccidio per un fatto fortuito: al momento non si trovava in caserma.
Ma dinnanzi allo scampato pericolo ha conservato un fulgido ricordo di quei giorni plumbei, impegnandosi in una vita di testimonianze e di nostalgie.
Il suo obiettivo? “Non dimenticare quei patrioti, i loro valori e naturalmente la barbarie di un assassinio tanto efferato“.
Al pari di lui, molti caduti erano sardi e avevano abbracciato il servizio con la dedizione e l’entusiasmo che fanno parte delle tradizioni civili e militari dell’Isola.
Ciò suffraga, a più forte ragione, l’affetto di Angelino per il suo capitano scomparso nell’agghiacciante destino delle foibe, per tutte le altre vittime innocenti della strage; il suo ritorno in un commosso e reverente pellegrinaggio, la sua presenza alle manifestazioni celebrative. Per lui non certo formali.
“Oggi siamo noi ad abbracciare Angelino, a ringraziarlo per il contributo alla fede ed alla verità storica che ha dato in questi suoi 92 anni, non senza un augurio sincero e cordiale, esteso a tutti coloro che, nella Guardia e fuori, gli hanno consentito di valorizzare e perpetuare la sua importante testimonianza” affermano i referenti dell’ANFI.
COLTIVARE IL RICORDO, non soltanto nella ricorrenza ormai tradizionale del 10 febbraio, è un dovere comune, sulla scorta dell’alto esempio di Angelino Unali che anche quest’anno ha voluto mettere in programma un omaggio alla foiba in segno di memore e pietoso raccoglimento.
Ma anche di preghiera per tutti i martiri: cosa tanto più commendevole in un momento di rinnovati silenzi, di opinabile disimpegno istituzionale.
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LA MEMORIA della foiba, delle iniquità che vi furono consumate, del massacro nelle foibe e dunque del sacrificio, per davvero “gratuito” delle vittime unitamente all’impegno perché simili efferatezze afinché simili nefandezze siano per sempre esorcizzate. E, con esse, anche le loro barbare motivazioni, sono un patrimonio che Angelino ha contribuito a valorizzare in maniera significativa.
Da una parte con la morte nel cuore ma dall’altra, con la certezza di gettare un seme di conoscenza e di attenzione civile che non mancherà di dare frutti rigogliosi.
Il 10 febbraio si celebrerà, come ogni anno, il “Giorno del ricordo” delle foibe e dell’esodo giuliano e dalmata.
La cerimonia alla Foiba di Basovizza inizierà alle 9,30 ed e attesissimo sul Carso triestino anche l’arrivo di Angelino. Perché riceverà un riconoscimento, e un ringraziamento speciale nel suo grido di allora e di sempre: viva l’Italia!
Marcello Polastri
Articolo pubblicato il 9 Febbraio 2016.