Grotte usate come deposito di rifiuti, come officine del furto, ma anche fioriture spontanee che contrastanto con il crescente degrado. Via Bainsizza, parte alta del colle dei Punici. Lo scenario ricorda la guerra e i bombardamenti aerei anche se a prevalere dopo la pioggia di questi giorni è il profumo dell’artemisa.
Risale al 1943 la realizzazione, durante il secondo conflitto mondiale, di alcune batterie contraeree che oggi cadono a pezzi perchè c’è chi si diverte a devastarle. Ci troviamo sulla terrazza di Cagliari e via Bainsizza è come il tetto della città, in senso storico ma anche fisico-geologico.
In pochi ci passano. Qualche studente che marina la scuola, qualche malintenzionato, al massimo il postino. Su 24 ore, la sola notte anima di voci questo angolo di paradiso perduto dal quale si domina, in lontananza, la laguna di Santa Gilla. Sullo sfondo i monti di Capoterra e poco oltre, il grande sole che al tramonto tinge di rosso le pareti calcaree del Canyon di Tuvixeddu.
Il Canyon, lungo 1 chilometro, è una ferita profonda 40 metri, larga 20, ed è stata inferta nel XX secolo nella roccia che oggi sorregge via Bainsizza. Strada, questa, circondata da un lato dalle cave di pietra dell’ex Italcementi e sul lato opposto, un secondo strapiombo domina via Is Maglias.
Provengono dalle caverne locali milioni e milioni di bocchi calcarei usati per costruire Cagliari, si racconta fin dal periodo della dominazione punica e romana.
In via Bainsizza c’è di tutto e di più. La vecchia antenna della telefonia di Stato, presa di mira dalle sassate di ragazzi annoiati, accanto ad altri edifici della Telecom.
Poco oltre, una strada sterrata usata a tarda sera dalle coppiette in cerca di intimità.
Una miriade di preservativi abbondano nel terreno sconnesso, dove siringhe e rifiuti sono spesso nemici del Comune di Cagliari che, per impedire l’accesso agli scaricatori abusivi, ha posizionato appena due anni fa alla fine di via Bainsizza, un cancello di metallo. A varcarlo sono gli abitanti della zona che si sono stabiliti in questo suolo ricco di storia, nel secondo dopoguerra, quando i militari abbandonarono le postazioni belliche e gli annessi sotterranei.
Nel sottosuolo altre cose da scoprire: scocche di motorini di origine non identificata e segni inequivocabili lasciati da chi “inneggia”, forse per gioco, per noia o per credo viscerale, il demonio. Si notano scritte di matrice esoterica, ed anche i soliti e oramai scontati graffiti che inneggiano a Satana.
Sarebbe bello valorizzare questo compendio posto in cima alla città, ripulirlo a fondo, magari dotarlo di panchine e spazi verdi, anche per godere dei panorami mozzafiato tra i più belli del capoluogo sardo.
E’ questo l’accorato appello che il Gruppo Cavità Cagliaritane ha rivolto anni fa alle istituzioni. Domenica 25 gennaio, tra le tappe del Trekking urbano, ci sarà anche questa zona e le sue importanti caverne (vedi news). Una zona che merita una attenzione del tutto particolare perché è parte integrante della storia della città di Cagliari. In tanti, però, l’hanno dimenticata.
Le immagini sono state realizzate da Alessandro Congia.