Da quando l’archeologo Giovanni Lilliu (foto a destra) accademico dei Lincei, ha deposto la cazzuola ed il pennello dentro il nuraghe di Barumini, sono passati quasi 40 anni. Anzi, 44.
E sono tanti, tanta è la voglia di saperne di più, su Barumini e Su Nuraxi.
Di avere nuove informazioni sugli antenati dei Sardi; su questo sito che assomiglia ad un castello diroccato o meglio, ad un antesignano castello, robusto, turrito, eretto con pietre grandi e privo di malta, almeno nel rivestimento esterno.
“A Barumini, in alcune delle stanze nuragiche coperte a tholos furono però individuate tracce di calce, segno che i nuraghi, al loro interno, erano stati intonacati” afferma entusiasta la guida turistica che ogni giorno accompagna i visitatori nel nuraghe considerato il più grande e importante della Sardegna. E nel quale a breve, turisti e visitatori potranno assistere al l’imminente scavi archeologico.
Saranno 40 gli archeologi (per la maggior parte studenti) che a giorni lavoreranno nella regione sarda della Marmilla, ricca di nuraghi interrati e di storia da far rivivere.
È anche giunto il momento di riprendere scavi scientifici che si fermarono, tanti lustri fa, nella reggia de “Su Nuraxi” di Barumini.
Fervono i preparativi per l’avvio di una nuova campagna esplorativa coordinata dalla Soprintendenza archeologica in sinergia con la università di Cagliari, Roma Tre, Granada e della Danimarca.
Gli scavi a Barumini si concentreranno in particolare in quel che resta di una grande capanna nuragica, probabilmente abitata da un “nobile”, ipotizzano gli archeologi, ma anche di un abitazione “a corte”, ed è infatti probabile che nel medesimo complesso nuragico abitassero classi sociali diverse, in abitazioni differenti.
Secondo chi dirigerà lo scavo, uno degli obiettivi è individuare una preesistente struttura muraria, “il cosiddetto antemurale realizzato prima della nascita del villaggio nuragico” adiacente quella che, il co,piango Lilliu, definì “la reggia“.
Marcello Polastri