Cagliari. Forse non siamo a tanto, o… per davvero, la leggenda ha avuto ragione e i reperti scoperti nel cantiere edile di via Milano sono i resti delle mura medievali volute dal temibile Alfonso “Il Magnanimo“.
Non sappiamo, per adesso, se saranno ugualmente “magnanime” le scelte che ricadranno nell’immediato futuro su quest’area archeologica che – recentemente scoperta nel colle di Bonaria (nel terreno tra via Milano e Taranto) – va ora incontro a urgenti disposizioni di Legge.
Nuove rivelazioni sono infatti emerse su questo tesoro archeologico individuato a due passi dalla Basilica mariana più nota al mondo e che ha indotto gli archeologi ad avviare una campagna di scavi.
Risale a pochi giorni fa (al 15 ottobre per la precisione), l’atto del Ministero per i Beni e per le attività culturali che dispone, in seguito alle indagini archeologiche, la tutela dei beni ritrovati sottoterra, agendo nel rispetto dell’articolo 15 D.Lgs 42 del 2004.
A firmare il decreto è stata la dottoressa Maria Assunta Lorrai (per il direttore regionale del Ministero).
L’intervento della Soprintendenza, che nel gergo archeologico sarebbe uno “scavo di urgenza“, ha messo in luce nei mesi scorsi resti di abitazioni medievali, di una tomba a fossa scavata nella roccia calcarea, di alcune strutture murarie che ci riportano indietro nel tempo di oltre settecento anni.
Allorquando il colle di Bonaria divenne l’accampamento dell’infante Alfonso il Magnanimo, per conto del padre e Sovrano della Corona d’Aragona, Giacomo II “Il Giusto”. Alfonso, in pochi anni, dal 1324 al 1326 creò una vera e propria cittadella fortificata, una sorta di castello, favorevole dal punto di vista strategico e ben difendibile, perché elevato sul mare e dotato di un fossato.
Ora sembrerebbe che i resti di quel “castrum”, siano gli stessi riscoperti durante la realizzazione della palazzina tra via Taranto e Milano. Lavori sospesi, in modo cautelativo, per l’integrità degli stessi resti.
Quel che ha sorpreso maggiormente gli archeologi sarebbero le “strutture murarie pertinenti ad almeno 8 ambienti di uno o più edifici, per una superficie di oltre 200 mq, che tra l’altro sembrerebbero proseguire nell’adiacente terreno, ricco del resto di frammenti ceramici in dispersione“. Non solo: è stato rinvenuto anche un “pisé“, pavimento di terra battuta tra i muri divisori degli ambienti che, caso raro a Cagliari, presentano tracce di intonaco e di pittura rossa, ed altri elementi di rinforzo delle strutture murarie, secondo una tecnica edilizia diffusa in in Catalogna nel XIV secolo, quindi simili alle darsene reali di Barcellona. Altre scoperte: la presenza di una “domus solariata”.
Per questo ed altri motivi, ora contenuti nella relazione allegata al decreto, i lavori sono stati bloccati in base al Codice dei beni Culturali e del Paesaggio.
M.P.