Immaginiamo montagna di mattoni in terracotta per poi metterli insieme, gli uni sopra gli altri e innalzare alti muri con l’idea di proteggere un macchinario capace, guarda caso, di produrre milioni e milioni di altri mattoni. L’obiettivo? Venderli ai costruttori di case, ponti, insomma di intere città.
Le ex Fornaci Picci di Quartu hanno significato anche questo e preziosissima è stata la loro attività, anche per la storia industriale della Sardegna.
Visitarle oggi, le ex Fornaci, significa fare un tour nell’incuria del tempo e dell’uomo. Sono invase da rifiuti d’ogni genere abbandonati nei vecchi depositi di terra (appunto utile per costruire i mattoni) e nei terreni circostanti. Guardando indietro nel tempo, però, scopriamo una storia diversa, un passato glorioso per questi edifici interessanti dal punto di vista dell’archeologia industriale.
Tutto ebbe inizio lontano 1878. L’imprenditore Luigi Picci mise in piedi con i suoi risparmi una piccola fornace. La costruì tra i centri abitati di Quartu e Quartucciu per cuocere i mattoni d’argilla fatti a mano.
La fabbrica, mattone dopo mattone, divenne una delle più grandi della Sardegna e ben presto poté anche collezionare importantissimi primati. Basti un esempio: divenne l’orgoglio di Quartu e di Quartucciu e, in breve tempo, di una intera regione, la Sardegna, all’insegna dell’innovazione e della crescita industriale.
Accanto ai forni per la terracotta, profondi pozzi accoglievano la terra cruda e l’argilla che a quintali venivano trasportate con i carri trainati da asini e cavalli, dalle cave di Pitz’e Serra.
Sapevate che per questo motivo la zona collinare adiacente l’omonimo quartiere moderno presenta, nei terreni, profondi crateri e cavità a cielo aperto?
IL GRANDE FORNO. Nella fabbrica venne anche installato il grande Forno Hoffmann che permise di cuocere velocemente i mattoni, una innovazione rispetto ai forni tradizionali, perché funzionava con l’impiego del carbone e rappresentò il cuore pulsante della prima fabbrica sarda semi-automatica. Provengono da questa industria molti dei laterizi usati costruire la città di Carbonia. Dalla quale, grazie alla capacità imprenditoriale di Picci, avveniva forse un equi scambio tra carbone e mattoni di cotto.
LA LEGGENDA. Della fabbrica si sarebbe interessato anche il Duce, Benito Mussolini e sembrerebbe che, per la mancanza di un accordo con il proprietario, questo interesse culminò con un nulla di fatto. Durante la seconda mondiale le Fornaci Picci chiusero i battenti ma nel dopoguerra riuscirono a riprendere l’attività, peraltro a gran ritmo.
250 UOMINI, a quei tempi rappresentavano la foza lavoro di questa industria operosa e nel 1966, il formidabile forno Hoffman che aveva lavorato tantissimo, venne sostituito dall’automatico Forno a Tunnel. Il resto divenne storia… il boom edilizio degli anni sessanta causò una richiesta di mattoni così elevata che il signor Picci fu costretto ad acquistare un secondo forno a tunnel. Furono poi inseriti – al passo con le moderne tecnologie – forni completamente automatici e più moderni e funzionali macchinari: nastri trasportatori all’avanguardia con gli standar dell’epoca.
Tra il 1960 e il 1970 le fornaci di laterizi Picci erano le più importanti e produttive d’Italia. Sia chiaro: da un lato estrassero terra e sbriciolarono intere colline e dall’altro consentirono a città, case, infrastrutture, di sorgere fino a quando, però, dovettero chiusere nuovamente i battenti, per l’ultima volta. Era il 1985 e gli impianti e gli edifici della storica Fabbrica del Mattone, divennero mute sentinelle di un passato glorioso, dentro una sorta di grande scatola.
Oggi, questa scatola color rosso e grigio, è priva di turisti, ma di storia e di valori umani è stata veamente ricca.
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Nota informativa: in seguito alla pubblicazione di questo articolo, il quotidiano l’Unione Sarda si è occupato delle ex Fornaci Picci con un articolo, nelle pagine di Quartu, che annunciava l’avvio di imminenti lavori per eliminare le coperture di aminato dei capannoni industriali.