La storia del quartiere Marina, di Cagliari e de LA LAPPOLA raccontata da Marcello Polastri tra i documenti che citano una catena gigante con la quale veniva chiuso il PORTO.
Immaginate Cagliari protesa sul mare con un lungo pontile di legno e tanti pali affilati che dalla zona dell’attuale via Roma, si protendevano tra le onde.
Quando all’orizzonte spuntavano le navi, c’era chi dava l’allerta ed anche chi poteva decidere se farle attraccare o bloccarle tra i flutti, davanti alla porta della città di pietra.
I cattivi sarebbero stati cannoneggiati, o se sbadati, si sarebbero incagliati finendo sui pali acuminati, imbarcando acqua.
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I pali erano capaci di sfondare la chiglia delle imbarcazioni ed anche questa è stata la Cagliari sconosciuta si più.
E’ la Cagliari del pontile, del suo molo antesignano, di una palizzata e d’un catenaggio lungo decine di metri, che pesava chissà quanto.
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La storia ci insegna che a partire dal XIV secolo e per i tre secoli successivi, una doppia fila di pali incatramati e collegati gli uni agli altri, chiudeva per davvero il porto di Cagliari lasciando però libera, nell’arco delle giornate, solo una modesta apertura.
CORRIDOIO SUL MARE. Questa specie di corridoio, veniva chiuso tutte le notti con una robusta catena di ferro posizionata da una barca catenaria
LA CATENA, secondo le testimonianze del passato, veniva legata tra le ultime due file di pali e più avanti nel tempo, sulla porta del molo retrostante, c’era chi (unitamente all’equipaggio a bordo della barca) faceva la guardia notturna.
Gente armata da testa a piedi, magari soggetta ai malanni stagionali data l’esposizione con l’aria umida e salmastra di questo angolo di città.
Ma cos’era la LAPOLA? Era un ingegnoso sistema ideato per evitare accessi non autorizzati alla città di allora, protetta da una palizzata dalla quale deriverebbe il nome dell’intero quartiere retrostante, quello de la “Lappola“, Sa Pola, o della Marina.
Fin dall’XI secolo d.C. sono stati prodotti documenti che di fatto attribuiscono a questa zona d’attacco, la presenza di un porto denominato – crediamo per errore – anche “porto di Bagnaria” o come anticipato, “porto di Lapola“.
SEDERI BAGNATI. Accanto ad esso si sviluppava un robusto muro che seguendo le direttrici sud e nord, oggi riferibili ad ovest al largo Carlo Felice e ad est al congiungimento tra il bastione Saint Remy e la Darsena, cingeva il quartiere.
A sua volta, questo luogo abitato da gente detta “culusu sfustusu” (sederi bagnati… data la vicinanza del mare), era prottto dai vicini quartieri di Stampace e di Castello.
MISTERI. Con il suo nome enigmatico, quello di Lapola è un centro abitato, una città nella città, che attraversa la sua fase principale di sviluppo medievale e poi, da borgo mercantile è divenuto un quartiere murato della città pisana.
Pochi sanno che il primo bagno penale della città aveva sede in una specie di gabbiotto situato proprio accanto a quel pontile, e dove i detenuti, i servi di pena, appunto penavano con le gambe a mollo.
SA LAPPULA. Manoscritti di grande importanza affermano che nell’ultima parte del Duecento si iniziò ad usare il nome Lapola in relazione ad una comunità mercantile dotata di propri statuti.
Ma attenzione: anche di un vera e propria struttura portuale dove la Leppula, era intesa come la macchina di sollevamento e di carico delle merci.
Forse, proprio la stessa, permise un rapido sviluppo delle attività portuali?
Nel 1882, nei lavori di costruzione e di ampliamento del porto, vennero ritrovati nel tatto antistante via Roma, nel dragaggio del fondale marino, i resti lasciati da numerosissimi pali un tempo conficcati nella roccia.
Andrebbe appurata – laddove possibile – la differenza di livello dell’acqua del mare, in tale porto, tra il secolo XIV e la nostra era moderna.
Ma questa è una storia della stessa città. La approfondiremo presto.