Il ricordo lega ancora, con un feeling sottile eppure tenace, i vivi alle 31 vittime di quel disastro aereo. Rivive su quella distesa di rottami sparsi tra la vegetazione spontanea, nella quale ancor oggi emerge il luccichio dei pezzi metallici.
Sui monti di Capoterra in provincia di Cagliari, a più di seicento metri d’altezza tra le rocce di Conch’é Oru, esiste un luogo nel quale l’aria si fa spessa, a tratti diventa elettrica e crea sgomento.
Tutto ciò avviene a distanza di decenni da una tremenda sciagura aerea ricordata, per la presenza di alcune croci su quella terrazza naturale, ancora dai parenti delle vittime che risalgono la montagna per render loro omaggio.
L’ACCADUTO. 14 settembre 1979. Era la mezzanotte e 47 minuti. Un velivolo scomparve dai radar dei controllori di volo. Poi lo schianto, con un incredibile boato che giunse fin dentro alcune case di Capoterra.
L’aereo, un cosiddetto postalino DC9 – ATI della compagnia Aereo Trasporti Italiani (attuale Alitalia), nell’effettuare la tratta di linea tra gli aeroporti di Alghero e di Cagliari-Elmas per poi dirigersi a Roma, si schiantò nel cuore nero delle montagne antistanti la raffineria di Sarroch.
31 MORTI. Questa la somma esatta dei 27 passeggeri, del pilota e del copilota con gli altri 2 membri dell’equipaggio. I loro corpi, per l’esplosione che infiammò il bosco, divennero irriconoscibili.
Ci sono dettagli sconosciuti ai più. Con gli animali ad esempio, specie i cinghiali che dapprima scapparono nel sottobosco per poi affacciarsi quando i soccorritori, alle prime luci dell’alba, videro quell’immane disastro.
Pochi sanno che un gruppo di militari venne dirottato a notte fonda in quella località con “l’ordine di sparare a chiunque, non autorizzato si avvicinasse al punto dell’impatto” racconta in esclusiva Claudio Squintu, allora militare in servizio a Teulada.
“Temevamo la presenza di sciacalli – afferma – non tanto degli animali” che evidentemente potevano cibarsi di resti umani, “bensì di malintenzionati capaci di rubare magari oggetti di valore“.
E’ questo uno dei lati più drammatici dell’imperdibile puntata, la terza della serie di Storie Intriganti. Un video (clicca qui) contiene interviste esclusive e immagini d’altri tempi, unite alle riprese Full Hd che ci condurranno brevemente in un viaggio incalzante tra i “pezzi” di una tragedia da non dimenticare.
Un incidente aereo che oggi torna d’attualità anche dopo il recentissimo disastro del volo Germanwings 9525 nel quale l’aereo si è schiantato nelle Alpi francesi.
Anche in questi momenti sono in corso indagini ed accertamenti sui rottami del velivolo, sulla scatola nera.
Mentre in Sardegna è stato reso noto che sarà la compagnia aerea a diversi occupare di smaltire, seppure a decenni di distanza dal disastro aereo del 1979, i rottami del Dc9 Ati precipitato sulle montagne di Capoterra.
Niente da fare per Alitalia, quindi? Secondo i giudici del Tar che hanno confermato gli oneri per la compagnia aerea, si.
Insomma dovrà rimuovere a proprie spese i resti del Dc9. Perché non farne un sacrario?
E’ il dubbio avanzato nottetempo dal giornalista Angelo Pani che si è occupato della vicenda. A chi daranno effettivamente fastidio quei resti? Magari c’è chi si pensa che – a distanza di anni – possano inquinare le falde acquifere?
Insomma, dubbi che fanno riflettere se consideriamo che le parti metalliche e di plastica presenti sulla montagna sono sì parecchie ma, notizia positiva, non hanno segni di ruggine. Sono in prevalenza leghe di alluminio e di altri metalli duraturi nel tempo. Come il ricordo che lega noi vivi, con un feeling sottile eppure tenace, alle vittime di quel disastro aereo.