Il 3 ottobre 2006, nell’ambito di una esplorazione nel sottosuolo urbano, il fotografo Andrea Gambula entra, con gli speleologi del Gruppo Cavità Cagliaritane, i membri di altre associazioni cittadine e una delegazione del gruppo Contusu Antigusu, nel sottosuolo di una delle più trafficate piazze di Cagliari. Mette a fuoco – con la sua macchina fotografica, e con la mente – una serie di aspetti, ora tradotti in lettere, per trasmetterci qualche sensazione… Buona lettura.
Dice Andrea Gambula:
Erano le 21.30… quando, transennato il marciapiede, Marcello e i suoi collaboratori aprono il tombino d’accesso alla cavità.
Immediatamente la vista dei pioli della scala metallica che si perdono nel buio del sottosuolo accendono l’interesse e la curiosità di tutti i presenti.
Qualche minuto di attesa, necessario ad una veloce verifica da parte da parte di Marcello relativamente l’agibilità della grotta, e iniziamo con ordine la discesa.
Pochi pioli per un dislivello complessivo di circa 3,5 metri rispetto il piano stradale di via Is Mirrionis e ci troviamo a percorrere una discenderia sabbiosa che rapidamente degrada verso il sottosuolo e ci conduce circa 15 metri sotto piazza d’armi.
Avanzando la via diventa più stretta e bassa fino a quando, improvvisamente, da angusta e stretta “esplode” con grande stupore di noi tutti in un vasto salone sotterraneo che si allarga a formare un vasto ambiente sotterraneo su due livelli.
La cavità si estende sotto parte di via Marengo, di via Is Mirrionis, di Piazza d’Armi, ed arriva fino all’inizio di viale Merello.
I fasci luminosi delle nostre torce iniziano a frugare nel buio e immediatamente illuminano davanti a noi lo specchio d’acqua sotterraneo che, alimentato dal continuo stillicidio d’acqua dalla volta, riempie il livello inferiore della grotta.
Sulla nostra sinistra si trova invece un ripido e viscido pendio che ci consente di guadagnare l’accesso al livello superiore della cavità; dopo alcuni minuti di contemplazione lo spettacolo dello stillicidio, ci muoviamo verso la parte alta della grotta.
Il livello superiore risulta a circa 2 metri dal livello dell’acqua, ha pianta pressoché rettangolare delle dimensioni di circa trenta metri per quaranta per un altezza di circa 2,5 metri.
Marcello inizia a descriverci la struttura della grotta facendoci notare i segni che raccontano la sua storia; probabilmente era in origine una grotta naturale, ma le scanalature e le nicchie presenti sulle pareti verticali della grotta, assieme alle due pseudo-colonne ricavate dalla pietra calcarea al centro della grotta a sostentamento della volta, tradiscono gli antichi utilizzi (cava di epoca romana) dell’ambiente da parte dell’uomo.
Una scarpa in cuoio che emerge da un cumulo di terra, i resti di un fuoco e un’iscrizione sulla volta che ancora porta i segni degli scalpellini sono silenziose testimonianze di un passato più vicino i nostri tempi. Un cono di deiezione fuoriuscente da un foro perfettamente circolare, fa supporre che lo sbancamento effettuato dai Romani, abbia intercettato una cisterna di origine punica.
La sala superiore, così come quella inferiore, sono chiuse da una colata di cemento armato, poste in opera in tempi differenti. La prima nel 1963 e la seconda nel 1987 in seguito al crollo della facciata di una palazzina in via Is Mirrionis. Il muro costruito nei primi anni ’60, non consente di sapere con certezza cosa si trova al di là dello stesso. Probabilmente la grotta si congiunge con la cavità de “Su Stiddiu“, il cui ingresso si trova all’angolo sinistro della salita per Buon Camino”. La gotta da noi visitata veniva anche utilizzata come ovile, sfruttando un ingresso situato nella facoltà di lettere.
Il livello inferiore della grotta è quasi interamente costituito da un laghetto che, nei punti più profondi, può raggiunge i 3 metri. Per chi non teme il contatto con le fredde acque sotterranee viene gonfiato e messo a disposizione un canotto con il quale osservare da vicino la pareti poste verso piazza d’Armi dell’ambiente sotterraneo. Dopo circa 1 ora, entusiasti per la splendida esperienza vissuta grazie a Marcello Polastri, guadagniamo la superficie>>.
By: Andrea.
PS. Oggi, il lago, non esiste più.