Questa fotografia documenta l’esistenza di una sepoltura antica risalente al periodo della dominazione Romana, allorquando la Sardegna vide nascere nuove reti stradali, cisterne e acquedotti che rifornivano. È una immagine rara, certo, e documenta una scoperta sconosciuta ai più, avvenuta nei decenni passati a Selargius. Dove esiste qualcosa di ben più antico e forse prezioso.
Se non fosse per gente come Carlo Desogus, che nel suo terreno di Selargius ha realizzato in compagnia di un affiatato gruppo di amici e inaugurato l’ArkeoParco didattico, dell’archeologia di Selargius, e soprattutto del suo villaggio preistorico “Su Coddu”, oggi non parlerebbe nessuno. Forae pochi di noi presterebbero attenzione a immagini di pietre lavorate, di cose antiche, distanti – solo apparentemente – dal nostro vivere quotidiano.
Eh però – direbbero i bene informati – del villaggio “Su Coddu” parlano le pubblicazioni archeologiche. Giusto. Ma a dire il vero, di pubblicazioni su quell’antico insediamento Selargino, ne esistono ben poche.
Di sicuro, le poche esistenti, non rivelano l’effettiva importanza di quel “centro” abitato preistorico che doveva essere molto esteso e che, in parte, è stato occultato.
Del villaggio prenuragicp “Su Coddu”, appena due istantanee, ad esempio, sono visibili nel sito ufficiale (e non in quello degli estimatori…) della Soprintendenza archeologica competente (Link).
E allora cerchiamo di saperne di più, delle genti che si insediarono a “Su Coddu“, è perché no, anche dell’archeologia di Selargius. Chiediamoci come mai, se non fosse per l’iniziativa di un gruppo di cittadini privati che hanno realizzato a proprie spese un parco archeologico didattico, mettendoci fatica ed un terreno sterrato, non si muoverebbe niente, o quasi?
Andiamo a scoprire l’effettiva importanza dell’archeologia celata. Perché solo vistando le capanne preistoriche ricostruire nell’ArkeoParco, possiamo intuire quanto era esteso l’insediamento preistorico al quale il medesimo parco si è ispirato.
Se dovessimo sfogliare le pagine dei giornali, guardando al passato, scopriremo l’esistenza di diverse centinaia di “fondi di capanne” riportati alla luce e poi riconfinati sottoterra.
Una sorte infausta. Non solo per il villaggio preistorico. Guardare per credere. Andiamo a vedere qualche scatto dei ritrovamenti locali, come quelli gentilmente offerti da Carlo Desogus che studiò dal vivo questi siti plurimillenari, scavandoli scientificamente, affiancando il personale della Soprintendenza Archeologica. Ciò accadde nei primi anni ’90.
Come scrisse Marco Cabitza, il villaggio Su Coddu svela “una cultura autentica, caratterizzata in ogni suo aspetto, da quello economico a quello religioso, da quello artistico a quello organizzativo”.
<<Quella che abitava il villaggio di Su Coddu era una popolazione di cacciatori, di pescatori, di agricoltori e di allevatori, tutte attività che – rivela Cabitza – venivano poste sotto la tutela e la protezione di un “pantheon” di divinità proto-sarde, nate per soddisfare i bisogni elementari dell’uomo e perciò intimamente legate alla terra. Dalla ceramica si manifesta un’arte “modellata a mano”.
Incisioni, graffiti che compongono geometrie regolari, sono impressioni e segni, la cui eleganza formale può, senza dubbio, essere comparata alla raffinatezza della cultura del neolitico di “Ozieri”>>. E allora, perché non riportare alla luce gran parte dell’insediamento, per poi valorizzarlo?
“L’insediamento preistorico di Su Coddu – Canelles, menzionato dal prof. Enrico Atzeni fin dal 1980, è situato alla periferia settentrionale del comune di Selargius, nell’entroterra del golfo di Cagliari e dello stagno di Molentargius, in fase di progressiva urbanizzazione dal 1967” racconta, senza però offrirci troppe informazioni, il sito web del Ministero dei beni e delle attività culturali. Non è dello stesso parere Carlo Desogus.
Che, da Ispettore onorario della Soprintendenza, lavorò nello scavo dei “fondi di capanne pre-nuragiche” al fianco del professor Giovanni Ugas, allora funzionario della Soprintendenza.
“Posso dimostrare che sono stato io a segnalare la presenza di questo insediamento, comprendendone da subito l’importanza. Lo dico per onestà intellettuale e non perché ambisco a premi di scoperta, piuttosto perché c’è da fare di più, molto di più per salvaguardare e tramandare ai posteri la nostra storia e la nostra identità, rappresentata anche dal villaggio pre-nuragico tra i più estesi della Sardegna”, ribadisce Desogus.
I terreni selargini che celavano i resti delle capanne preistoriche sono ancor oggi una miniera di tesori.
Andiamo a scoprirne alcuni, grazie alle rivelazioni di Carlo Desogus che, quasi fosse un fiume in piena, in compagnia di Luigi Suergiu, ha pubblicato il volume “Selargius, i percorsi della memoria“, ricco di notizie e immagini su siti archeologici sconosciuti ai più.
Tra le righe del libro scopriamo infatti che Su Coddu non è il solo insediamento archeologico alle porte della cittadina. Esistono tanti altri insediamenti: quelli del periodo nuragico a Su De Piara, ad esempio, i resti di tombe di giganti a Bacculau, cippi funerari a San Salvatore e in località Sa Serrianedda. Resti di pestelli sono emersi anni fa a Sa Sitza. Tombe del periodo romano furono scavate sempre nel territorio Selargino de S’Arroseri e ancora resti, stavolta punico-romani saltarono fuori nella strada per Santa Rosa; frammenti fittili furono trovati in località Sa Mandara, risalenti a varie epoche: Ozieri, punico-romana, ma non solo.
Per non parlare poi della località Mata ‘e Masonis: qui i resti di ossidiana spuntano dopo ogni pioggia nei terreni agricoli. Compresi anche frammenti di cultura Monte Claro.
Ma sono i terreni de “Su Coddu” che, sottoposti a diverse campagne di scavo, svelarono l’esistenza di un vasto insediamento il cui nucleo più antico risalirebbe al neolitico finale, al 2500 a. C. per l’esattezza, e al calcolitico iniziale (circa 2500 a. C.).
In essi furono riportati alla luce fondi di capanne, alcune di esse molto complesse, dotate oppure adiacenti a focolari di pietra, a vasi tripodi usati per la cottura dei cibi. Stando a quel che ci hanno tramandato gli archeologi.
Da Su Coddu provengono manufatti di pietra e qualche raro strumento per lisciare il cuoio, le cosiddette lesine, realizzate in rame.
Successivi accertamenti svelarono che il villaggio preistorico si estendeva prevalentemente tra la vecchia strada comunale per Sestu, l’attuale via Nenni, e la strada per San Giovanni di Settimo, che costeggia il rio omonimo. E che, anticamente, rappresentava la sponda di un’area stagnante. Forse ricca di fauna, dalle acque pescose.
Dal 1994 ad oggi, però, in quei terreni si sono susseguiti solo “interventi d’urgenza“. Interventi perlopiù celeri, mentre venivano scoperti resti archeologici nel corso si lavori stradali o edili. Che necessitavano di “fare alla svelta”.
Le cosiddette sacche preistoriche che, ad esempio, sono resti di focolari, fondi di capanne scavate nel terreno, circondate da un rozzo muretto e coperte da tronchi di legno e da frasche, sono riaffiorati anche lungo la via De Gasperi e in non pochi lotti adiacenti via Nenni.
GLI SCAVI NEL VILLAGGIO sono proseguiti “a macchia di leopardo“, considerata l’assenza di un progetto unitario, usando finanziamenti dell’amministrazione civica e grazie ai privati.
E chissà quando nascerà un eventuale museo che esporrà questi reperti. Reperti che, si auspica, dovrebbero esser ben conservati, custoditi, protetti. Nell’interminabile attesa che, magari chi di competenza, possa decidere sulla loro eventuale esposizione e, speriamo, sulla loro fruibilità.
Approfondimento: Ecco a voi l’ArkeoParco di Selargius.
Pubblicato sul quotidiano isolano Casteddu OnLine.