La grande Miniera di Montevecchio, scrigno di storie da scoprire, è stata al centro dell’attenzione di numerosi visitatori che ieri hanno partecipato all’incontro regionale dei lavoratori delle miniere sarde.
L’evento domenicale, giunto alla sua sesta edizione, ha fatto il punto della situazione sul futuro dei beni storico-artistici, culturali, museali, bibliotecari e d’archeologia industriale, insiti o del tutto rappresentati dalle miniere isolane.
Dibattiti, visite guidate e mostre, hanno accompagnato un centinaio di curiosi grazie all’invito dell’Associazione degli ex minatori “Sa Mena” e della Consulta delle associazioni con il patrocinio dei Comuni di Guspini, Arbus, del Parco Geominerario storico e ambientale della Sardegna, ed anche dell’Igea.
Ugo Atzori, presidente dell’associazione “Sa Mena”, ha descritto la Miniera di Montevecchio come un gioiello che “in realtà non è stato ancora completamente aperto alle visite guidate”. “Certo – aggiunge Atzori – molto è stato fatto ma è ben poca roba rispetto al grande potenziale di questa e di altre miniere isolane” (VIDEO).
Il perché? E’ presto detto in questa intervista.
Quando nel 1991 la Miniera di Montevecchio è stata chiusa con l’occupazione di Pozzo Amsicora – rivela Atzori – noi minatori sapevamo che per questo imponente sito, oramai non c’era più nulla da fare. Oramai era finita, non c’era possibilità di riprendere le attività estrattive e produttive in miniera, però auspicavamo che la Miniera, con il suo grande patrimonio di archeologia industriale, venisse utilizzata a scopo turistico. E che fosse in grado di offrire occupazione attraverso questo patrimonio. Ci abbiamo sperato. E la speranza però, ancora, non sì è concretizzata.
Perché?
Non si è concretizzata perché a Montevecchio, come d’altronde in tutti gli altri siti minerari dismessi che hanno chiuso la loro operatività, non è stata portata avanti l’opera di bonifica.
Chi avrebbe dovuto far queste opere?
L’Igea che del resto ha lavorato per tanti anni, ma non ha potuto portare a termine questi lavori. E così siamo fermi, in stallo. Peraltro non si può pensare di realizzare altre attività alternative, ad esempio visite guidate in altri siti.
E nel frattempo le miniere cadono a pezzi, i visitatori se ne infischiano. Anzi non sanno quali tesori minerari sono conservati in Sardegna.
Senza le bonifiche non possiamo fare nulla. Senza bonifiche e la messa in sicurezza degli ex cantieri minerari. In loro assenza, qualsiasi progettista non potrà fare progetti di sviluppo. Di conseguenza Montevecchio, Monteponi, Campo Pisano continueranno a star così.
Insomma nella desolazione, mentre tanti giovani sono a spasso e le guide turistiche della Sardegna, guardano altrove?
Per Montevecchio, nel 1991 era stato siglato un accordo tra la società che gestiva la Miniera, tra la SIM, la Regione sarda e i sindacati. Si trattava di un progetto importante che avrebbe speso 15 miliardi per Montevecchio, Igurtosu e Funtanazza. Da solo, quel progetto, proponeva l’assunzione di ben 400 persone.
Si trattava, però, di un piano sovradimensionato secondo i giornali, non trova, stando all’assunzione di ben 400 persone?
Forse si. Ma facciamo che quel piano, se realizzato, avrebbe assunto trecento persone. Oppure per duecento e mica sono da buttar via tutti quei posti di lavoro, non trova? Se ciò si fosse concretizzato, la Sardegna avrebbe incontrato, con le sue miniere dismesse, una nuova stagione lavorativa. Alla faccia della crisi.
Di chi è la colpa?
Di chi non ha effettuato e fatto effettuare le bonifiche. Nel frattempo, la Regione con l’allora Presidente Soru, mise in vendita le unità di Montevecchio ed altre aree minerarie dismesse. C’erano angli acquirenti interessati. Ma quel progetto naufragò. Ripeto: le bonifiche latitano ancora. E tutti i siti minerari sono fermi. Proprio per la carenza delle bonifiche.
Vedi il VIDEO.