Il bimbo morto nel grembo materno? Non è colpa nostra, il Policlinico è una eccellenza!

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Il professor Gian Benedetto Melis

La morte di Federico? “Non è colpa del Policlinico universitario“. Parola di Gian Benedetto Melis, Direttore del dipartimento di scienze chirurgiche dell’Università di Cagliari.

Professore ordinario di Ginecologia ed Ostretricia, Melis non ci sta a bollare la morte del feto riscontrata nel Policlinico come un “errore” medico.

Ovviamente sono vicino alla paziente che ha avuto il grave lutto della morte in utero del proprio bimbo. Con la nostra esperienza di ostetrici e di uomini sappiamo quanto possa essere doloroso per dei genitori trovarsi in questa situazione ma ciò non toglie – afferma il primario – che da giornalisti, medici, pazienti e anche da genitori, moltissimi di noi sono stati in tutte queste situazioni e dobbiamo essere rispettosi della verità“.

Il Professore, ordinario di Ginecologia ed Ostretricia, per chiarire i fatti, mostra le statistiche della Clinica: “non consentono di parlare di fatti simili che si ripetono nel tempo in maniera inspiegabile e – ribadisce – lo attesta l’esistenza di un numero di parti superiore in media a qualunque altra clinica in Sardegna negli ultimi 25 anni” a fronte di “una mortalità perinatale molto bassa, addirittura inferiore a quella che è misurata in media negli USA“.

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Il Policlinico, teatro della vicenda.

Statistiche a parte, cos’è accaduto al piccolo Federico, perché non è venuto al mondo?

Come mai il suo cuoricino ha cessato di battere dopo una visita pre-parto? E cos’è successo alla sua giovane mamma che, da noi intervistata, ha ribadito anche dopo essersi lamentata su un Social network, di esser “stata seguita da una ginecologa del policlinico che non è stata in grado di svolgere bene il suo lavoro”?

Il professor Melis ricostruisce la vicenda:La paziente che ha avuto questa disgrazia è una paziente gravida e che, finendo il tempo a febbraio, era stata seguita fuori dall’ospedale per gran parte della gravidanza. Affetta da una grave forma di diabete insulinodipendente pregestazionale insorto da anni e trattato da lungo tempo con alte dosi di insulina presso un non meglio precisato studio diabetologico del territorio”.

Alla luce di queste notizie esisteva quindi la probabilità “che il bimbo potesse subire malformazioni e danni irreversibili fin dal momento del concepimento.

 

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Immagine simbolo da Universo Mamma.

La signora – prosegue Melis – anche durante la gravidanza, è stata seguita dallo stesso diabetologo giungendo in ospedale per un consulto intorno ai 7 mesi”. Lo proverebbero “esami esterni come ecografie, esami generali e curve glicemiche”. Intorno ai 7 mesi di gravidanza comunque “i valori degli esami generali e dell’ecografia erano normali”.

La dottoressa, quando vide la paziente la prima volta “ha fatto presente alla signora che tutto andava bene eccetto, però, le glicemie che erano esageratamente alte”.

Ciononostante “quando l’abbiamo invitata a effettuare un ricovero per mettere a posto la glicemia – prosegue Melis – ha rifiutato, dicendo che si fidava del diabetologo curante e che sarebbe venuta solo per partorire”.

È questo uno dei punti che l’avvocato Stefano Frau, legale della mamma di Federico (nome che alla nascita avrebbe dato al suo piccolo angioletto), smentisce e vuol dimostrare in sede forense.

 

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Il professor Melis

Secondo il Direttore del dipartimento di scienze chirurgiche, “anche la stessa dottoressa del policlinico, esperta di diabete gestazionale, ha informato la paziente che i valori di glicemia superiori a 250 riferiti dalla stessa, erano assurdamente elevati.

Si insistette per un ricovero ma la paziente lo rifiutò una seconda volta” ribadisce Melis.

Insomma, la mamma di Federico sarebbe stata resa edotta sul fatto che “i valori troppo alti come i suoi erano molto pericolosi per se stessa e soprattutto per il suo bambino”.

Alla luce di questi chiarimenti, dinnanzi alle lamentele di una mamma addolorata che piange il suo angioletto, sporge spontaneo chiederci: ma siamo sicuri di tutto ciò?

Per il dottor Melis “assolutamente si”. La signora è stata “anche informata che il parto potrebbe essere difficile perché il bimbo avrebbe potuto crescere a dismisura. E, poiché la paziente ha continuato a rifiutare il ricovero nonostante i pericoli legati alla sottovalutazioni nelle quali, secondo la dottoressa stava incorrendo, il diabetologo curante si è fatto promettere che almeno si sarebbe presentata prima del termine”.

Quale sarebbe questo termine?In occasione delle 37-38 settimane“. Obiettivo? “Sottoporla ad una induzione del parto precoce o ad un taglio cesareo programmato sempre precoce“.

Poi cosa è accaduto? “La paziente sparisce e si fa vedere dopo alcune settimane con valori di glicemia ancora più elevati – precisa il professor Melis – ed insiste che il suo diabetologo gli ha detto che i valori sono buoni e chiede semplicemente di essere programmata per fare un taglio cesareo qualche giorno dopo”.

feto_2_banner_polQuando avete riscontrato le anomalie nel feto?

Al momento del ricovero, durante gli esami di accettazione, l’ecografia ha dimostrato la presenza di un bambino gigante senza battito cardiaco. Le condizioni ecografiche facevano pensare ad una morte avvenuta poche ore prima”.

Il resto lo abbiamo raccontato in un precedente servizio. La mamma è sconvolta.

“Ed anche noi siamo dispiaciuti” sostiene il primario “ma senza nessuna ragione i genitori si sono fatti accompagnare dai Carabinieri denunciando non sappiamo quale reato”.

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“Ho dovuto chiamare i Carabinieri” ha affermato la mamma del piccolo…

Calmati gli animi, quella sera, nel reparto dell’ospedale “si è deciso di procedere con un taglio cesareo per evitare che la permanenza in utero del feto deceduto potesse far sviluppare gravi emorragie”. Estratto il feto (risulta che superasse i 5,700 kg di peso), si ipotizza che “era deceduto entro le 12 ore precedenti”.

L’AUTOPSIA oltre che confermare il gigantismo (macrosomia) del bambino, ha riscontrato una gravissima malformazione della colonna vertebrale del bimbo; risultava in gran parte priva di midollo spinale regolare”.

Insomma, per Gian Benedetto Melis, “il bimbo non aveva alcuna possibilità di sopravvivere una volta nato per mancanza delle più importanti vie nervose dal collo al torace e per la grave malformazione cerebro spinale. Se fosse sopravvissuto, non avrebbe avuto sufficienti funzioni cardiaca, respiratoria, digestiva e per le malformazioni di questo tipo non esistono terapie“.

Per quanto invece riguarda “l’origine di queste malformazioni si possono ragionevolmente prendere in considerazione il diabete non compensato nel periodo precoce della gravidanza, i primi tre mesi dunque“.

Una storia triste, certo, che incontra l’amarezza della perdita di una vita tanto desiderata. Non c’è e modo per misurare un dolore incommensurabile, esiste tuttalpiù la volontà, anche per alleviar la sofferenza, di chiarire le circostanze di un lutto. Una perdita che anzitutto ha colpito due genitori. E’ grande l’amore per il loro piccolo angioletto che avrebbero voluto chiamare Federico.

Marcello Polastri

Per approfondire vedi l’articolo precedente.

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