Il nome El Diluvio, al contrario di quel che potremo pensare, non è stato usato per indicare soltanto un diluvio. Significa molto di più. Certo, un diluvio è cosa importante ma la pioggia ne fece la sua comparsa nei paesi di Pirri e di Monserrato il 27 e il 28 ottobre del 1796, fu qualcosa di incredibilmente atroce che spazzò via tante vite.
Tutto ebbe inizio con la melodia d’una pioggia fittissima. Una di quelle “passate d’acqua“, così si usa dire nel Campidano di Cagliari, che fa spuntar gli ombrelli e che nel dvieni e sempre più intensa, ti costringe a ripararti sotto ad un balcone.
Ma a Pirri e così a Monserrato, sul finire del 1700, più che balconi c’erano portoni, case Campidanesi costruite con pietre calcaree e mattoni di fango.
Lo scrosciare dell’acqua prese il sopravvento sugli inermi cittadini, sciolse anche parecchi mattoni: impanicati e spiazzati, quanti si ritrovarono per strada, cercarono scampo dalla furia di madre natura. Del resto sembrava dè terminata nel far sul serio.
Dalle cunette delle poche vie allora esistenti, una serie di rivoli convergenti verso i centri abitati di Pirri e di Monserrato, divennero come una piovra d’acqua. Quei tentacoli fangosi si portarono via più di 20 vite e come per miracolo, tanta altra gente, si risollevò in quel fuggi fuggi generale.
Ben sappiamo che di solito i ruscelli scorrono al centro di una piccola valle. E poi sono scarsamente profondi, guadabili a piedi. Però quel 27 e 28 ottobre 1796, nel giro di poche ore, i ruscelli pirresi e monserratini divennero veri e propri fiumi convergenti in un ampio pantano, limaccioso e in rapido mutamento secondo l’umore delle nuvole, livide e gonfie d’acqua.
Fu così che la musica di El Diluvio si fece ancor più cupa. Un esempio? Difficile distinguere le urla di grandi e piccini mentre finirono in acqua, strappati alla terra da quell’evento inaspettato. Tutti con le mani tese, a urlare gli uni verso gli altri, nel tentativo di uscire dall’acqua corrente, di chiedere aiuto.
Che strazio vedere quei poveri corpi strappati alla terra, senza distinzioni: ricchi e poveri, uomini e donne trascinati via.
Nei due piccoli paesi le strade sterrate e le riserve d’acqua (pozzi e cisterne) divennero inservibili.
Nella memoria degli abitanti del Campidano di Cagliari il ricordo di questa vera e propria inondazione si è quasi dissolto. Anche se, a ricordare i suoi effetti nefasti, sono i documenti dl’Archivio Arcivescovile di Cagliari.
Parlano anche di 21 peroine che annegarono nella sola Monserrato, trasformatasi in una specie di grande torrente tra le case. C’è anche chi è convinto che tra quei morti e i dispersi, tanti fossero di Pirri.
El Diluvio mise in ginocchio una grande comunità, devastò decine e decine di case, disperse le attrezzature agricole, devastò i campi. Sparse in ogni dove le grandi botti piene di vino e uccise tanti animali.
I pastori piansero il proprio gregge, gli agricoltori si ritrovarono a mani vuote. Per più di un anno, causa l’allagamento del suolo, le terre fino ad allora coltivate divennero inutilizzabili.
A pensate che UN EVENTO SIMILE si ripresentò nel 1797 inondando, anche stavolta dopo intese piogge, sia Monserrato che buona parte di Pirri. Per fortuna in questa circostanza non ci furono vittime. Ma in tanti, guardando al recente passato, provarono una grande paura.
Questi fatti ci sono stati tramandati anche da Marco Sini, autore del libro “Cinque anni al Comune – Monserrato 2006-2011“, e dovrebbero indurci a riflettere, a pensare sugli effetti dei cambiamenti climatici e soprattutto sugli interventi che l’uomo compie sulla natura, sul suolo e sul sottosuolo. A volte deviando il corso dei fiumi, imbrigliando i torrenti o i più piccoli ruscelli trasformandoli in opere cementizie spesso sottodimensionate.
Oppure costruendo nelle zone alluvionali o paludose, come del resto è accaduto anche di recente a Capoterra, cittadina a due passi dal mare e da una laguna.
Il nome sardo Pauli o Paulli significa ad esempio palude. Pauli-Arbarei indica sia un paese, sia il nome “palude di Arborea” (da “Arbarei“). Già nel Medioevo Monserrato assunse il nome di Paùly prima, poi quello di Paùli Pirri. Solamente dopo il 1881 divenne Paùli-Monserrato e, dall’11 aprile 1888 con un Regio decreto e per volere del Consiglio comunale, prese il nome di Monserrato.
Ecco perché storicamente con “Pauli Pirri” venivano indicati come se fossero un tutt’uno, i paesi di Monserrato e di Pirri.
Nomi o soprannomi a parte (usati per distinguere aree geografiche e centri abitati differenti), la natura ed i suoi fenomeni non fanno distinzioni.
Dalle ricerche curate dall’ex sindaco di Monserrato, Marco Sini, sono ad esempio emersi dalle carte d’archivio, leggendo i registri della parrocchia San Pietro di Pirri, dati poco allegri sull’alluvione del 5 ottobre 1797.
Nei registri parrocchiali compaiono infatti diversi morti, ben 8 persone ed “una bambina di tre anni di cui non è specificata la causa. Per gli altri sette, cinque donne e due uomini” la causa è attribuita a “afogado en la vigna” oppure al “crollo della casa”, con un “chiaro riferimento quindi agli effetti dell’alluvione che aveva colpito Pirri“.
I morti a Pirri, quel giorno furono:
Efisio Marchioni di anni 14 “afogado repentinamente en la vigna”,
Maria Brazzu, adulta, “murja bajo de la ruyna de una casa”;
Maria Rosa Putzu, adulta “afogada en la vigna”;
Maria Geronima Lay (niña), “tre anni più o meno” senza altra specificazione.
Ci sono anche Maria Pala, adulta, 25 anni, “por ruyna de la casa”.
Grazia Pala, adulta, “por ruyna de la casa”.
Maria Pintus, adulta di anni 40, moglie di Antiogo Maxia, morta di colpo.
E poi, Joseph Cogoni di Quartu, “morto repentinamente a causa del temporale“.
“Invece – conclude nel suo libro Marco Sini – nello stesso mese, il 28 di ottobre del 1796 e nei giorni seguenti, a Pirri non figura alcun decesso mentre, come vedremmo a Pauly risulteranno 21 morti a causa dell’alluvione di quel giorno“. Fu il giorno di El Diluvio.