“Pottasa su culu infustu“, “hai il sedere bagnato” erano soliti dire – in senso dispregiativo – gli abitanti del Castello ai residenti della Marina. Usanza vecchia di chissà quanti anni, sicuramente secoli e ancora in auge tra il 1800 ed il Novecento. Anzi, c’è chi ancor oggi – nel capoluogo della Sardegna – ripete il detto con la variante: “culusu sfustusu”.
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“Sederi bagnati” erano quanti risiedevano tra le case adiacenti il mare, tra le viuzze del cosiddetto quartiere La Pola, lambito dall’acqua salata tra il porto e le mura perimetrali di Stampace e di Castedd’e Susu.
A CASTELLO, quartiere sorto su e attorno ad un alto colle, abitavano i cittadini “in”, quelli della Cagliari che contava, “Is de nosus” direbbero i Cagliaritani veraci. Così è stato fin dal tempo della dominazione pisana e soprattutto spagnola della città.
E chi, a Cagliari abitava “in alto”, nella storica sede dei dominatori e dei colonizzatori di turno, a Castello appunto, “viveva” la convinzione di stare “sopra le righe”, nella terrazza più alta della città che consentiva loro di osservare tutto e tutti, gustando il lusso del giudicare.
Ed ecco perché, quando Is Casteddaius, i castellani, uscivano dal loro nido racchiuso nelle mura per recarsi a La Marina (o La Pola), erano soliti dire per stimolare reazioni o in senso dispregiativo, “funti culusu infustusu“, hanno i “sederi bagnati” perché vivevano accanto al porto, zona bassa e umida della città che protendeva i suoi bracci verso quanti arrivavano “a Casteddu”.
Dove Is Casteddaius affibbiavano allumingius, soprannomi e venivano etichettati come “piscia tinterisi” o “piscia arrenconis”. Ovvero grandi piscioni… il perché?
Lo racconteremo nella prossima puntata.
Vedi anche: quando Cagliari veniva chiusa con una grande catena sul mare.