Il nostro comitato scientifico cerca testimonianze dirette e indirette sulla collina di Tuvixeddu e le necropoli locali. Storie, immagini del colle, della sua necropoli, del viale Sant’Avendrace, di v.Maglias e delle altre strade che circondano il tesoro a cielo aperto di Tuvixeddu…
DA UN’IDEA DEL GCC, NASCE IL CENTRO STUDI TUVIXEDDU
Si tratta di un archivio, composto – fino ad oggi – da circa 1.200 immagini, un centinaio di rilievi, 22 testimonianze orali filmate con telecamere professionali. Una banca dati che vorremmo arricchire ulteriormente! Magari con le vostre immagini, con le storie che potreste raccontarci.
Cercasi: storie di tombaroli e di scoperte non ufficiali in località Tuvixeddu. Comprese immagini di viale Sant’Avendrace, via Maglias, via Montello, via Vittorio Veneto, insomma: le vie che circondano la famosa collina.
Il nostro comitato scientifico – da diversi anni – sta raccogliendo testimonianze orali e immagini sul colle in oggetto, e sopra ogni cosa sulla scoperte di reperti archeologici, di grotte, cunicoli e sepolcri che, a cavallo tra i primi decenni del 1900 e il 2000, si sono susseguite in quell’area e cioè nella collina sacra, resa celebre per l’esistenza di una necropoli fenicio-punica eccezionale, considerata dagli esperti “la più vasta d’Europa”. Fino ad oggi abbiamo raccolto storie di vita, di quando – per citare un esempio tra tanti – diversi ipogei erano abitati dai meno abbienti. Oppure, di quando in via Codroipo furono scoperte vaste camere funerarie sotterranee ed un pozzo, ai margini di una cava denominata “catino”, sempre a Tuvixeddu.
Le testimonianze raccolte faranno parte di uno studio approfondito che il GCC divulgherà all’ampio pubblico, per illustrare e non scordare storia ufficiale e quella meno nota delle radici di Cagliari.
Fino ad oggi abbiamo esplorato sia le tombe delle necropoli locali, sia le innumerevoli cisterne, gallerie, sepolcri, cunicoli ed un complesso sotterraneo esteso alcuni chilometri, dove – fino al 1970 – si calavano i cavatori della ex Italcementi per lavorare.
Dopo esserci calati nel sottosuolo, senza peraltro trascurare la storia del sopra, e cioè degli edifici e monumenti all’aperto (alcuni sono comparsi), abbiamo agito con spirito documentaristico ed in un certo senso, il grosso del lavoro è stato fatto: le immagini raccolte, i rilievi e i rari documenti d’archivio sono ora custoditi in una nostra banca dati che – una volta completata -diffonderemo all’ampio pubblico, agli accademici ed ai semplici curiosi, compresi gli alunni delle scuole. Affinché tutti sappiano che 2800 anni fa, il primo spazio urbanisticamente organizzato del capoluogo sardo nacque tra la collina di Tuvixeddu e la laguna di Santa Gilla, al tempo dei Fenici, dei Punici e dei Romani.
Tuttavia, a questo nostro puzzle, a questo ambizioso progetto promosso dal G.C.C., mancano le dichiarazioni dei “protagonisti del saccheggio”: sembrerà strano eppure non pochi tombaroli sono stati testimoni di scoperte eccezionali, così – si vocifera – alcuni costruttori edili che in passato costruirono splendide strutture alle falde della collina. Nei primi decenni del 1900 ad esempio, alcune caverne divennero discoteche private, annesse ai piani interratti delle locali ville in stile Liberty.
Siamo consapevoli che il colle è stato depredato a lungo dai tombaroli “professionisti” e non, perché l’area di Tuvixeddu è una miniera a cielo aperto. Un territorio molto vasto e ricco di tesori, ferito dalle cave di calcare e poi abbandonato per tanti lustri dov’era ed è ancora facile trovare, per quanti circolano sulle sue pendici, oggetti sacri: manufatti sia pregiati che miseri, eppure interessanti per far luce sul nostro passato. Nelle migliaia e migliaia di tombe che bucano la collina, erano custoditi i corredi funerari dei defunti: anfore, porta profumi, lacrimatoi, oreficerie e vari effetti personali dei defunti. Ma non tutti questi tesori sono finiti al museo. Certo, alcuni riposano nelle casse polverose dei magazzini della Soprintendenza, di altri, invece, si è persa la memoria.
Da sempre si vocifera di case e vetrine private ricche di oggetti provenienti da Tuvixeddu. Alcuni di questi oggetti, grazie al benestare dei proprietari, li abbiamo studiati e catalogati, fotografati e quindi troveranno spazio nelle nostre imminenti pubblicazioni. Eppure, tanti altri reperti che dalla necropoli sono andati via in sordina, ad esempio quando l’ex Italcementi devastò il colle, potrebbero aver raggiunto altre città.
Un vero peccato ma il danno diverrebbe maggiore e, di conseguenza, irreparabile se sui libri le immagini e le storie di e su questi tesori non dovessero trovar posto, unitamente alle testimonianze di quanti hanno assistito a numerose scoperte che escono dal coro dell’ufficialità ma vorremmo documentare.
L’intento è di restituire la dignità sottratta alla storia del colle Tuvixeddu e con essa, alla storia di Cagliari e della Sardegna. A tal proposito il Gruppo Cavità cagliaritane aspetta le vostre segnalazioni.
Cerchiamo l’aiuto di quanti, cagliaritani e non, hanno conosciuto la collina dei punici ed hanno osservato i suoi cambiamenti, il mutare nel corso del tempo tra opere edilizie, strade, l’attività delle cave e le scoperte archeologiche ufficiali e quelle… legate ai tombaroli. E’ un peccato che la memoria storica di un luogo tra i più caratteristici della nostra isola, vada perduta: Tuvixeddu è un bene identitario dell’umanità! Sarebbe bello raccogliere il maggior numero di testimonianze possibili: per questa ragione, se avete notizie in merito, immagini e altri documenti, contattateci… ci sapremo sdebitare, per il bene della collettività, per offrire ai nostri figli la verità sul nostro oscuro passato!
Centro Studi Tuvixeddu: per contattarci inviate una mail al nostro Gruppo di studio.