La notizia, brutta o bella che sia, è una preda da seguire e come tale va fiutata dietro l’angolo e all’occorrenza sottoterra, come farebbe un eccellente segugio o un hacker esperto.
Ma una differenza c’è: bisogna agire alla svelta per una “informazione senza barriere, che deve raggiungere prima d’altri il pubblico“.
Emerge questo ed altro se osserviamo il modo di far comunicazione di Alessandro Congia, giornalista freelance attivissimo a Cagliari.
Potrebbe vantare (ma non ama farlo, “magari – dice – realizzerò una mostra“), un archivio di immagini d’effetto che hanno fatto il giro dei più noti siti web, per mostrare una quantità impressionante di siringhe abbandonate per strada dagli abituali tossicodipendenti, ed anche all’interno di tanti ruderi.
Fin qui niente di nuovo, direbbero i più esigenti. Ma a sorprendere è il luogo nel quale Congia (Crastulino per gli amici, Ale per gli internauti), ha immortalato una quantità impressionante di aghi infetti: tra i padiglioni e il pronto soccorso dell’Ospedale Santissima Trinità, all’erba e agli aghi di pino “si alternano le siringhe usate di recente dai tossici“.
Lui, che dice di non avere “padrini e padroni” e di non dipendere da alcun quotidiano in modo diretto (“…le mie immagini di cronaca e di attualità sono per i media che le richiedono“), lui che, ogni notte, collabora con un giornale on line occupandosi di immortalare momenti di vita nei locali notturni, ama comunicare a 360 gradi mosso – ci svela Alessandro – da un pilastro portante: “la certezza delle fonti, il ceppo di verità che io stesso documento con la mia macchina fotografica, creando poi le news“.
ENTRIAMO, QUINDI, NEL CUORE DI QUESTE NOTIZIE-FOTOGRAFICHE
MESI DI TERRORE. “Da mesi i suoi viali d’accesso e la pineta locale sono terra di nessuno, ospitano i drogati – racconta Congia riferendosi all’Ospedale cagliaritano Santissima Trinità – e, in tal senso, ho voluto dar visibilità con diversi scatti ai tanti problemi sconosciuti ai più e che andrebbero risolti“.
Il fotoreporter ha dimostrato che ad accedere nel nosocomio cagliaritano non sono soltanto le persone sofferenti, in continuo e comprensibile passaggio delle ambulanze con i feriti oppure il pubblico che fa visita ai degenti, piuttosto “tantissimi individui che desiderano spararsi in vena la dose. E, per far ciò, sono pronti a tutto, a bucarsi davanti ai passanti ad esempio. Anche i bagni del pronto soccorso non sono esenti da queste incursioni“, racconta Congia. Sorge spontaneo chiederci come mai questo fenomeno allarmante colpisce duramente un ospedale, per giunta protetto da muri e dotato di telecamere per la video-sorveglianza?
La tua Alessandro, con un pizzico di pessimismo, sembrerebbe una guerra contro la droga ed anche contro i mulini a vento.
Tutt’altro. Nessuno ed io per primo voglio, in maniera demagogica, far guerra ai drogati o infischiarmi dei loro affari. Sento piuttosto il dovere di intervenire da cronista affinché questo fenomeno dilagante in città ed in aumento soprattutto nel quartiere Is Mirrionis, non passi inosservato.
A volte, però, aprire gli occhi fa male. A te cosa preoccupa maggiormente dell’attività dei tossicodipendenti?
Tutte quelle mamme e quelle nonne che non possono lasciar giocare sotto casa i loro bimbi per il continuo andirivieni dei consumatori di droga. Sembrano privi di freni inibitori e si bucano ovunque, insomma davanti a tutti, anche ai bimbi. E la gente li teme quando li vede camminare con una siringa nella mano, deve chiudere la porta o il portone di casa e aspettare il passaggio di individui che abbandonano aghi infetti nelle aiuole pubbliche, nelle panchine e sui marciapiedi. Basta fare un giro tra via Serpieri e Cinquini: ci sono più siringhe che erba.
Quando hai saputo che l’ospedale Santissima Trinità era invaso dalle siringhe?
E’ stata una coincidenza. Sapevo da tempo, grazie alle segnalazioni dei cittadini che abitano li accanto, che il via vai di tossicodipendenti in quella zona era impressionante e mi dicevo “ è impossibile, ma quando mai chi si droga entra dentro un ospedale?”.
E poi la sorpresa?
Eh sì, era tutto vero: il mio ingresso in quel presidio, oltre il cancello di via Timavo, ha documentato per terra, accanto alle auto in sosta dei dipendenti, bustine di siringhe e fazzoletti con macchie rosse.
Poco oltre, negli angoli meno visibili dell’ospedale, centinaia di siringhe, ed anche nelle scale d’accesso ai locali, sotto le grate dei tombini stradali, tra le aiuole esterne e le porte secondarie dei plessi. E potrei proseguire…
Quali sono le zone dell’ospedale maggiormente colpite da questo fenomeno?
I giardini che circondano il reparto di chirurgia Maxillo Facciale, gli infettivi, l’ingresso principale dell’ospedale a due passi dal Servizio Psichiatrico; insomma un fenomeno diffusissimo.
In tal senso su giornali cartacei e online hai scritto parecchio. La situazione è migliorata?
Dopo articoli e immagini pubblicate sui social, l’ospedale è stato ripulito ma il fenomeno è ritornato d’attualità. Non solo. Voci “corridoio” asserivano che “avevo rotto le scatole e dovevo farmi gli affari miei”.
E, immaginiamo, così non è stato.
Si, perché queste avvisaglie mi hanno anche fatto sorridere. Sono sinonimo del fatto che ho centrato l’obiettivo, non vi pare? Avvisaglie coperte dall’anonimato e che dimostrano la vulnerabilità in tema di sicurezza e di prevenzione, dinnanzi a episodi gravissimi, all’interno di un Ospedale.
Insomma, un fatto di ordine pubblico da risolvere ed anche da mostrare per quel che è, senza esagerare…
La definirei una realtà allarmante. Spaventa che chiunque, a maggior ragione all’interno di un presidio ospedaliero, possa in qualsiasi modo eludere controlli, avvalendosi forse di una sorveglianza ridotta, per poi bucarsi con facilità. Spaventa che nell’Ospedale in questione siano presenti ceppi di infezioni. Le siringhe e tanta altra sporcizia come i fazzoletti intrisi di sangue, boccette di metadone ed altro ancora, ne sono la prova. Ho diffuso immagini e notizie non per far sensazionalismo, bensì nella speranza che la zona franca del Santissima Trinità diventi presto un brutto ricordo.
Sembrerebbe che il fenomeno della droga, in una città come Cagliari, stia crescendo e c’è chi teme i periodi bui dei fatidici anni ’70 e ’80, quando l’eroina e poi l’AIDS spensero tante vite, tanti sogni e speranze di una generazione falcidiata dalle droghe pesanti. Nel frattempo, mentre gli spazzini continuano a ripulire i viali dell’Ospedale di Is Mirrionis per poi ritrovarli sporchi di sangue, sulla sua pagina Facebook , il fotografo-antidroga della Cagliari 2.0, pubblica ogni giorno le immagini che documentano, come in un reportage costantemente aggiornato, azioni quotidiane e abitudini della banda del buco.
Da circa un anno, nelle immagini di Alessandro Congia trovano ospitalità uomini e donne con siringhe “appese” sul collo, in estasi dopo una rapida iniezione oppure intente al rito dell’eroina: accendino in pugno, cucchiaino tra le dita e siringa portata con naturalezza (leggasi: tra le labbra), preparano la loro dose di quotidiana perdizione. Come sempre e forse oggi più che mai, in luoghi pubblici, frequentatissimi… anche dall’obiettivo fotografico del nostro Crastulino.
Marcello Polastri