Cagliari. Sotto la città un mondo di cisterne antiche, cunicoli, i resti delle terme vecchie di secoli. L’ennesima scoperta risale a oggi e ritorna così d’attualità, la storia della Karales romana…
Tutto è accaduto di buon mattino in via Roma lato mare dove procedevano spediti i lavori stradali: un gruppo di operai cercava di riparare, dentro una buca stradale, le malridotte condotte e, scava scava, sono riaffiorati alcuni mattoni di terracotta. Di li a poco, la luce, ha illuminato un misterioso passaggio sotterraneo voltato a botte. Si addentra sotto la città.
L’ALLARME. Allertati da alcune e-mail pervenute nel nostro sito internet Sardegna Sotterranea, una delegazione di speleologi si è precipitata sul luogo del ritrovamento. Infilatisi dentro la trincea, gli esploratori non hanno creduto ai loro occhi: quel passaggio scavato nel terreno, alto più di 2 metri e invaso di terra, presentava un crocevia sotterraneo.
Tante le domande e i dubbi sull’origine dell’ipogeo e, soprattutto, sullo sviluppo dell’antico manufatto che si addentra sotto il centro storico.
L’ESPOLRAZIONE. Indossata la tuta speleologica, gli stivali e il caschetto protettivo, il team esplorativo guidato da Marcello Polastri, si è calato sottoterra e ha individuato “un passaggio che conduce al porto ed un secondo cunicolo in direzione del largo Carlo Felice”.
Non solo: “la rete di gallerie attraversa anche il palazzo della Rinascente (ex Albergo Miramare), per poi dirigersi verso le banche cittadine. Qui, un tempo, sorgevano le terme”.
La galleria principale (nell’immagine esclusiva), è rivestita di mattoni e di cocciopesto, materiale edilizio utilizzato come rivestimento impermeabile. Questo si compone di frammenti di laterizi minutamente frantumati mescolati ad una finissima malta, in prevalenza a base di calce.
Gli antichi romani lo chiamavano Opus signinum, termine latino derivante dalla città di Segni (Signa) a due passi da Roma e dove, secondo antiche fonti, fu inventato. A descriverne l’uso e la fabbricazione fu il celebre VITRUVIO.
IL SOTTERRANEO ritrovato in via Roma, per Marcello Polastri, “è una cloaca romana che, a sua volta, venne raccordata all’antichissimo acquedotto”. Si tratta di una “antica opera ideraulica meritevole di rispetto poiché potrebbe risalire a 2000 anni fa”.
Non solo: “in alcuni tratti è in perfetto stato di conservazione”.
Purtroppo l’esplorazione è stata sospesa dagli speleologi urbani per l’assenza di aria nel sottosuolo e per la presenza di anidride carbonica dovuta ad un fiume di liquami. Anche se, solo un tratto della fognatura, è ancor oggi in uso.
Sembrerebbe che il sotterraneo si sviluppi in prevalenza sotto la Via Del Mercato Vecchio, dove trent’anni fa furono scoperte le grandi terme romane del foro imperiale.
Per Polastri, guida del team esplorativo, “questo dedalo di sotterranei sono probabilmente una antichissima cloaca, fognatura vecchia di secoli che si presenta in tutta la sua perfezione”.
Per realizzarla “furono certamente impiegati schiavi, che a loro volta scavarono una trincea imponente che divise in due la città di allora, voltando poi il sotterraneo con una spessa copertura di laterizi, forse prodotti in Sardegna o forse portati da oltremare”.
SECOLI DI STORIA. Questa fognatura creata dagli antichi nella Karales delm passato svolgeva peraltro una funzione indispensabile per la vita di superficie.
La condotta sotterranea sarebbe una sorta di piccola gemella della cloaca massima di Roma, “certo in scala ridotta e comunque non meno importante, anzitutto perché smaltiva i liquami prodotti nel vicino foro dell’odierna piazza Del Carmine, evitando epidemie e focolai di insetti infestanti e batteri, e perché rappresenta un perfetto modello di ingegneria idraulica, e di architettura”.
TESTIMONIANZA ESEMPLARE. “Questa testimonianza del passato – prosegue il giornalista esploratore – era importante quanto un acquedotto perché, una volta utilizzate le acque che scorrevano nello stesso, consentiva di smaltirle favorendo ai nauseabondi liquami, di raggiungere il mare”.
UNA MONTAGNA DI MATTONI. Sono diverse migliaia i laterizi interamente realizzati a mano, impiegati per comporre la volta ad arco e le pareti della condotta sotterranea, usando speciali mattoni di terracotta color rosso e giallo paglierino, tipici della tecnica edilizia romana che compongono il sotterraneo ritrovato.
Sembrerebbe che gli operai intervenuti vogliano ricoprire di cemento un tratto del sotterraneo appena scoperto. “Ipotesi, questa, che scongiuriamo – asserisce Polastri – certo contraria al Codice Urbani e per la quale scriveremo alle istituzioni, auspicando la realizzazione di un varco per ispezionare il passaggio sotterraneo, meglio se proteggendo lo stesso con una robusta botola di ispezione” conclude Polastri.
“In questo modo consegneremo ai posteri una preziosa testimonianza del passato, un potenziale tesoro identitario per la città turistica del futuro, da tramandare e non da far affogare nel cemento”.
ALTRE IMMAGINI DEL RITROVAMENTO
Sopra: l’interno della condotta sotterranea invasa dalle terre di accumulo.
Sotto, un particolare dei laterizi: si nota la tecnica costruttiva con mattoni di terracotta (alcuni color giallo paglierino e altri arancioni), tenuti insieme da malta idraulica.
Sotto: il tratto della condotta sotterranea in parte sventrata, sulla volta, da una moderna tubatura della fogna cittadina.