Chi conosce il nuraghe Belveghile? Poche persone, in realtà.
Molti di noi ci saranno passati sopra ed il motivo della non conoscenza è semplice: anni fa c’è stato chi ha autorizzato la costruzione di un ponte, proprio sui resti plurimillenari del nuraghe. Su questo complesso archeologico di non facile individuazione, perché sovrastato da un tetto di cemento, al posto delle stelle o delle nuvole una dozzina di travi che compongono il cavalcavia. Ci troviamo tra la circonvallazione per Golfo Aranci e lo svincolo per la Costa Smeralda.
Le auto sfrecciano, il tempo passa; i turisti pure. Ma passano dritti. Nessuno visita il nuraghe nascosto, realizzato pietra su pietra dalle antiche popolazioni isolane.
IL MISTERO. Scelsero questo sito perché adiacente le antiche fonti, in un territorio verde come pochi. Avrebbero immaginato questo destino per la loro creatura? Sicuramente NO.
Così, in quel che resta del complesso nuragico, oggi non ci sono guide o vetrine con i reperti. Belveghile, muta sentinella del passato, è divenuto un nuraghe-simbolo, l’emblema indiscusso – secondo i media – del disprezzo per la cultura. In un certo senso del nuraghe se ne parla eccome, ma in tono polemico.
IL CARTELLO. A dire il vero esiste anche un cartello turistico accanto al cavalcavia. Indica paradossalmente la presenza dei poveri resti: torri, quelle che sembrerebbero annesse abitazioni, un pozzo pieno di terra. L’accesso a quella che fu una tholos. Pietre enormi, posizionate le une sopra le altre a testimoniare la grandiosità dei nostri progenitori preistorici, sono oggi lo specchio di una offesa dinnanzi alla quale anche il mondo dell’arte si è mobilitato.
Ad esempio l’artista Nicola Mette di Sindia ha progettato una performance di denuncia. Ma il suo evento in programma a Tamuli, nel grande complesso archeologico di Macomer, è stato prontamente bloccato dalla Soprintendenza. Performance “incompatibile con il carattere storico-artistico del sito“.
Nel lato opposto dell’isola però, in un altro sito, la costruzione di cemento che sovrasta la storia, il cavalcavia sul nuraghe, parrebbe compatibile. Eccome. Strana sorte per l’archeologia Olbiese, non trovate?
I MEDIA. Secondo il quotidiano La Nuova Sardegna, che il 10 Gennaio 2011, denunciò non pochi “casi eclatanti”, a Olbia sono accadute cose strane circa la tutela del patrimonio archeologico. Ecco alcuni esempi: la minaccia a 24 navi romane, simbolo di un territorio ricco di tesori ma povero di euro da destinare alla memoria, creò scalpore.
Si trattava di navi antichissime, affondate dai Vandali nel 450 d.C, ritrovate nel 1999 durante lo scavo del tunnel sul lungomare, e che ricevevano la minaccia dei rumeni.
Si, minacciate “dai rumeni che a lungo hanno occupato l’area in cui sono custodite, all’interno di alcuni edifici nell’ex artiglieria. Dieci ettari di verde in cui svettano capannoni militari abbandonati“, denunciò il quotidiano.
“Alcuni sono stati affidati alla soprintendenza, che ci ha messo i resti delle imponenti navi romane da restaurare. Per ora non ha i soldi per recuperarle“.
Il resto dell’ex artiglieria era “finito nelle mani di un esercito di disperati. Le braccia da cantiere della Gallura palazzinara“. Insomma, “i rumeni – secondo i media – avevano invaso l’area e trasformato i capannoni nelle loro case. Per sfrattarli e salvare le navi da un futuro come legna da ardere sono dovute intervenire le forze dell’ordine.
Ma non è l’unico paradosso di una città ricca di storia e spirito imprenditoriale.
Illuminati amministratori hanno fatto costruire uno splendido supermercato, un mega scatolone di cemento armato, accanto a un pozzo sacro conservato in modo splendido“.
Così, una delle preziose testimonianze del culto delle acque nell’isola “è diventato un monumento tra gli scaffali dei pelati. Olbia è afflitta dai mali dell’Italia in cui non ci sono i soldi per la storia“.
Sarà per questo motivo che il nostro nuraghe è finito sotto al cavalcavia?
VIDEO SCANDALO. Di Belveghile si occupò nel 2010 anche il sito YouReporter pubblicando un video. E da allora in tanti si chiesero perché la nostra storia deve per forza di cose finire in cantina. Oppure sotto a un ponte anzichè ricevere la luce e le visite che merita. E resta pur sempre un quesito: chi avrà autorizzato la copertura di cemento e asfalto sull’arcaica casa dei sardi, sul nuraghe Belveghile? E… perché?