Un giorno, al suo interno, notai tantissimi oggetti antichi. Ed anche tante teste di morto.
Erano stipate laggiù, sottoterra, in quella cripta oscura, forse nel tentativo di strapparle all’ingordigia dei predatori d’arte. Mi riferisco alla Basilica di Santa Croce, tempio cristiano che domina Cagliari da uno dei bastioni più elevati. Ci troviamo nel cuore del Castel di Castro e della sua intrinseca storia.
Un tempo, la Basilica di Santa Croce era abbandonata. Per fortuna da qualche anno è risorta e nel vederla oggi, rispetto al passato sta decisamente meglio. Al tramonto, quando i raggi del sole si fanno tiepidi e la colorano d’oro e d’arancio, la sua facciata assume un fascino tutto speciale. E’ semplice ed essenziale al tempo stesso, un po come la roccia con la quale è stata costruita la città vecchia ed i suoi luoghi di culto.
Mi viene in mente una sera d’estate del 2006. Una sera che segnò un ricordo indelebile nella mia vita.
Nel corso di una ricognizione esplorativa con un gruppo di speleologi, Monsignor Giuseppe Aramu, a quei tempi Rettore di Santa Croce, ci condusse nei locali più bassi dell’adiacente complesso mauriziano. Aprì una botola e dopo averci autorizzato a rilevare graficamente – metro e matita in pugno – gli ipogei locali, ci chiese una cortesia: desiderava recuperare da una cripta alcune statue, dimenticate da tutti e da tutto.
Monsignor Aramu era intenzionato a trasformare la sacrestia in un museo. A suo dire le statue, una volta restaurate, avrebbero fatto la differenza tra i tanti reperti incamerati dai Gesuiti e poi da Mauriziani che utilizzarono la chiesa.
Lo accontentai non prima di aver notato, nei sotterranei, una miriade di strani oggetti. C’erano croci di vari metalli, per la maggior parte preziosi e luccicavano dinnanzi alle luci che squarciavano le oscurità della terra. C’erano, in un vano rettangolare, soprattutto ragnatele con quei filamenti che rendevano l’ipogeo ancor più spettrale. Con una patina appiccicaticcia, come un mix di polvere e di colla di ragno, le tele dipinte si notavano appena, posizionate secoli fa sulle pareti di dura roccia calcarea.
Ricordo un dipinto che ritraeva demoni dispettosi nei confronti di fraticelli indaffarati a soccorrere i loro fratelli. E ricordo anche quei crani umani, posati da chissà quali mani, sul pavimento del sotterraneo. Crani che in parte erano stati coperti con singolari copricapo. “Erano forse le teste di alcuni vescovi?” domandò uno degli esploratori che mi seguì in quell’avventura, a pochi metri sotto la città.
Di sicuro, quelle teste dei morti, erano state teste importanti ed ora si presentavano, nel loro mistero, ricoperte da uno strato di velluto rosso. Altri crani erano ricoperti di tessuti damascati.
Dal sotterraneo chiesi spiegazioni a Monsignor Aramu: chi sono quegli uomini?
La mia voce riecheggiò, e così, anche per volere del sottosuolo, la mia domanda si fece insistente. E, forse, un tantino impertinente.
Monsignore mi rispose solo in parte. Di alcuni pronunciò i nomi, di altri disse: “è bene non saper troppo, o almeno non dar troppa importanza a certe cose”. Seguì il suo consiglio, non prima di aver detto la mia: “sono cose che incuriosiscono, e che sono accadute e in quanto tali, forse meriterebbero una qualche attenzione”.
Il silenzio si impadronì nuovamente del sottosuolo, di quel sottosuolo che a sua volta ricopriva i resti dell’antica Sinagoga ebraica, sulla quale per volere di un re venne costruita la Chiesa di Santa Croce, che ricoprì storia e storie.
Quando chiudemmo la pesante botola, dopo aver riportato in superficie non pochi oggetti preziosi, lasciai una parte della mia curiosità laggiù. Ed in un certo senso mi reputo fortunato per aver abbracciato quei resti antichi, quegli abitanti di una dimensione a noi lontana, ed a tanti inimmaginabile.
E’ una sensazione che regala energie positive a chi ritrova cose antiche, confinate tra il passato ed il presente, tra l’epoca moderna ed un tempo indefinito. Oggi, alcune di queste opere d’arte, sono visibili nelle cappelle laterali perché sono fuoriuscite dall’oblio, hanno lasciato le cripte e i vani sotterranei grazie alla volontà di un uomo al quale va la mia stima, a Monsignor Aramu, al quale rivolgo un pensiero di ammirazione profonda.
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