Un cranio umano con i segni di un intervento chirurgico vecchio di millenni, non smette di stimolare riflessioni.
Era il lontano 1961 quando gli speleologi del Gruppo Grotte Nuorese impegnati in una spedizione nella Valle di Lanaitho, nel cuore selvaggio della Sardegna, fecero una importante scoperta.
Con le loro lampade, mentre avanzavano in una spaziosa caverna inesplorata, poterono illuminare lo scheletro di una donna.
Quello scheletro era completo e di lì a poco, le sue ossa, furono trasportate in un laboratorio per poter essere analizzate per la prima volta nel 1968 dal famoso antropologo Carlo Maxia.
Poi un lungo silenzio, durato tanti anni, tra le analisi svolte dagli accademici e i numerosi trasferimenti di quelle ossa in vari laboratori.
Si scoprì che lo scheletro apparteneva a una donna di bassa statura che non raggiungeva neppure i 150 cm di altezza, vissuta poco meno di 4000 anni fa nelle prime fasi dell’età del Bronzo, Cultura di Bonnanaro, e che morì all’età di circa 30 anni.
Fu battezzata con il nome di Sisaia.
Durante la sua sepoltura fu accompagnata con un tegame, una ciotola ed una piccola macina. Un povero corredo per assecondare il passaggio dell’anima di quella creatura, verso l’eternità.
Si seppe poi che sul suo scheletro furono rintracciati segni di violenza che si aggiunsero a una vita sofferta per gravi malattie: denti usurati, carie, problemi articolari alla colonna vertebrale, neoplasia nell’osso sacro, due fratture. Una ad un’ulna e l’altra a una scapola.
Le ossa del bacino mostrano anche i segni di un cancro, le gambe le malformazioni del rachitismo, ed anche l’avambraccio sinistro mostra il rigonfiamento di un’altra frattura (anch’essa rimarginata).
Ma è la testa di Sisaia che conserva un particolare molto suggestivo: l’incisione tondeggiante di una trapanazione cranico-chirurgica, forse nel tentativo di lenire i suoi mali. Probabilmente tra chirurgia e credenze sul mondo del soprannaturale.
Quel che è certo è che la donna sopravvisse a quell’intervento chirurgico di millenni fa.
La nostra antenata potè superare un intervento delicatissimo già oggi, figuriamoci millenni fa.
Considerata poi la cicatrizzazione della rondella, di un pezzetto osseo attaccato al cranio, ben saldatosi, Sisaia era guarita perfettamente.
Tutto ciò ha fatto di questo scheletro un’attrazione che fa riflettere sulle conoscenze del lontano passato.
Da anni, infatti, lo scheletro di Sisaia è esposto al Museo Archeologico Nazionale Giorgio Asproni di Nuoro e non smette di stupire.
Questo scheletro è una delle meraviglie in esposizione dove Sisaia, signorina passata in terra sarda 1.600 anni prima di Cristo, è esposta accanto ad un cartellino esplicativo: Età del Bronzo, Cultura di Bonnannaro.
Sono stati tanti i chirurghi di tutto il mondo che arrivati a Nuoro nell’ultimo mezzo secolo per esaminare le sue ossa e quel cerchio rimarginato del cranio. Poi sottoposto a decine di esami, di Tac.
Biografia per chi volesse approfondire:
Murru G. (2018). Sisaia – la principessa di Lanaitho. Antas, 21: 15-21.
D. Zoboli, 2024, post social Facebook.
Ringraziamo la signora Mara Sanna per la fonte bibliografica e Nicola Castangia per le immagini.