I Nuraghi. Possenti e leggendarie costruzioni, con le loro “mura rocciose” erette senza malta, sono i padri dei miti della Sardegna. E’ come se ad animarli vi fossero anime misteriose, traino delle fantasie più disparate.
Si ergono imponenti, un poco ovunque nella nostra isola, i Nuraghi. Talvolta esposti agli occhi di tutti, automobilisti di passaggio compresi, tra i paesi sardi, al centro degli stessi abitati, o in estrema periferia.
Possiamo ammirarli, un poco piegati dal tempo e dall’incuria dell’uomo tra campagne e rilievi montani. Ma, la maggior parte di essi sono inesorabilmente sotterrati, dalle polveri trasportate dal vento in millenni di abbandono: polveri che si sono fatte sabbia e terra, e poi sono divenute l’humus… per nuove fioriture, erbe spontanee, semi trasportati dai volatili e dal vento.
Nur. Nura. Nurra. Nurag(h)eologia. Insomma… Nuraghi. Possenti e leggendarie “mura rocciose”, sono i padri dei miti nostrani, anime trascinanti delle fantasie più disparate. Si ergono imponenti un poco ovunque nella nostra isola, talvolta esposti agli occhi di tutti, automobilisti frettolosi di passaggio tra i paesi sardi, ai cercatori di funghi ed ai cacciatori. Possiamo ammirarli, un poco piegati dal tempo e dall’incuria dell’uomo tra campagne e rilievi montani.
Ma, la maggior parte di essi sono inesorabilmente sotterrati, dalle polveri trasportate dal vento in millenni di abbandono: polveri che si sono fatte sabbia e terra, e poi humus per la vegetazione spontanea, forse l’unica specie vivente che ama proteggere queste pietre mute. Sorvolando su ragni e insetti.
Pietre estratte dal sottosuolo o raccolte in superficie, pietre toccate da mani misteriose di uomini giunti, quasi certamente dal mare e da chissà quale lontana regione, per lasciarci una eredità unica eppure sottovalutata, talvolta violentata dal piccone dei tombaroli.
Molti di voi sanno: i nuraghi della Sardegna, siano essi 7 mila come dichiarato dal “padre dei Sardi”, quell’intraprendente archeologo di fama mondiale di nome Giovanni Lilliu, sono esposti alla depredazione, all’inesorabile degrado, nonostante possiedono tanti segreti da decifrare.
Basta inoltrarsi nella macchia barbaricina, già lassù, negli impervi monti del nuorese più profondo, oppure risalire qualche promontorio antistante il mare (come quello Quartese de “Is mortorius“) per cadere restare imprigionati nel fascino più arcano, rapiti dalla potente e suggestiva carica che questi monumenti ancor oggi sprigionano, in quest’epoca che di magico possiede ben poco.
Tra le righe dei testi accademici stilati dagli archeologi, rintracciamo i cosiddetti “Nuraghi monotorre”, quelli “polilobati”, “pentalobati” ecc. E poi via alle teorie più disparate sui loro utilizzi (abitazione – luogo di difesa – fortezze…). E, sempre sulla letteratura archeologica, la citazione dei miti del passato tra Dedalo (costruttore del labirinto, intrecciato con la storia del Minotauro..) ed anche Iolao, Eracle ma non solo. I nuraghes sono “edifici” sorprendenti, con le loro cupole interne autoreggenti… ma non, non come le calze di nylon: fatte di materiali duri, che spesso portano i segni del fuoco, annerite e screpolate, fino alla pietra apicale che spesso dista 10 metri e più dal terreno.
Eppure, quel che pochi sanno (tralasciando i già citati predatori di reperti o qualche studioso “di nicchia”), è che al di sotto dei nuraghi sono celate ben più complesse strutture sotterranee. Strutture semplici come pozzi (sacri e non), cisterne, presunte cavità-trappola e… rullo di tamburi: passaggi sotterranei, come corridoi in parte scavati nella roccia ed in parte costruiti pietra su pietra, come le torri esterne.
Per quali ragioni il popolo dei nuraghi ha creato queste strutture lontane da occhi indiscreti?
E’ questa una domanda alla quale nessuno ha dato una esaustiva o ipotetica risposta.
Il GCC proverà a far ciò, per adesso limitandosi (ma è già tanto…) ad esplorare e rilevare quanto di sotterraneo esiste sotto i nostri amati nuraghes. Per questa ragione, se avete suggerimenti non esistate a segnalarci luoghi, situazioni e testimonianze!
F. Raccis – M. Polastri.
Un primo studio, in ambito divulgativo sui “sotterranei dei nuraghes sardi” è stato avanzato dagli speleologi del G.C.C. nel libro “Il tempo dei giganti – inchiesta sull’archeologia sarda e su quel che non si dice sull’isola dei nuraghes”, edito nel 2007.