Poco più di 70 anni fa, Cagliari, durante la seconda guerra mondiale rischiò di scomparire. Caddero palazzi e monumenti e sotto il peso di quelle terribili bombe sganciate dagli aerei, perirono, soprattutto molti cittadini inermi. Immagini di Alessandro Congia.
I pochi superstiti in una città che, nel febbraio del 1943, era ormai ridotta ad una specie di larva, che si cibava di viveri razionati, vivevano in ruderi e caverne. Immaginate un termitatio di persone stipate nelle grotte dell’Anfiteatro romano, o nelle tombe scavate nella roccia, a Tuvixeddu, con brande di fortuna e coperte di stracci.
Eh, già, le caverne. Umide, malsane. In quel dedalo di cunicoli e gallerie adattate per volere dell’UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea) in ricoveri sotterranei all’occorrenza rivestiti di cemento armato per sopportare il peso delle bombe che radevano al suolo tutto e tutti.
Molti di questi cunicoli e di queste gallerie, ospitano stanze che, a loro volta, accolsero rifugiati e degenti.
Sotto Cagliari, esistono strutture sanitarie in grotta, che funzionarono in quei drammatici giorni nei quali, le attività dell’ospedale San Giovanni di Dio, si erano fermate.
Alcuni di questi monumenti dell’architettura militare e civile, comunque celati sotto i nostri piedi, sono ricchi di reperti del periodo bellico.
Recano scritte, imprecazioni, preghiere. Sanno di mistero e di speranza. Come questa vecchia automobile Fiat, che camminò a lungo per le strade di Cagliari scansando macerie e che, un giorno, cessata la guerra, arrestò la sua corsa in un sotterraneo cittadino.
Anche tanti oggetti, e barelle, e lettighe, che salvarono la vita a molti nostri stretti antenati, si fermarono, non più mosse da mani tremolanti di paura.
Non dimentichiamolo, dai. Ed anzi, tramandiamolo ai nostri posteri.
Perchè la memoria storica vive e si nutre di un sapere che ha bisogno di nuova linfa. Costantemente. E di curiosità… della nostra curiosità!
Marcello Polastri
Immagini realizzate dal giornalista e fotografo Alessandro Congia.